Problematiche adolescenziali

L’adolescenza, dal latino ‘adolescere’ che significa ‘crescere’, è la fase della vita durante la quale l’individuo conquista le abilità e le competenze necessarie ad assumersi le responsabilità relative al futuro stato di adulto e si conclude con l’avvento di quest’ultimo. Questo periodo di transizione dallo stato di bambino a quello di giovane adulto prevede una costante evoluzione e continue trasformazioni che spesso, dall’esterno, vengono scambiate per volubilità, instabilità, squilibrio. In questo momento della vita gli interrogativi e i dubbi su di sè, le trasformazioni del proprio corpo, i conflitti con i genitori rappresentano dei momenti di passaggio che possono non costituire una patologia.

I rapidi e consistenti cambiamenti causano una fase di disequilibrio in cui tutto viene rimesso in discussione. In questa tappa dello sviluppo psico-fisico gli adolescenti sono spettatori consapevoli delle mutazioni che li riguardano e sono perciò impegnati in un difficile processo di attribuzione di senso a quello che sta accadendo loro.
Sono domande sul sé, sul mondo circostante, sui genitori, sulle relazioni affettive.
Cosa mi sta succedendo? Chi diventerò? Come mi accoglierà la società? Cosa si aspettano gli altri da me? Come posso essere me stesso e allo stesso tempo non deludere i miei genitori? Chi e come potrà amarmi oltre a loro? Sono solo un piccolo esempio dei dubbi e delle incertezze che li assilla in questa fase di grandi ed importanti, ma allo stesso tempo estremamente difficili, trasformazioni.


 I temi principali intorno ai quali si snoda la loro crescita e sui quali si possono eventualmente strutturare i sintomi disfunzionali, riguardano generalmente:


- l’accettazione del proprio corpo in mutazione: l’immagine corporea viene messa
  in crisi dai cambiamenti della pubertà e necessità perciò di essere ristrutturata ed
  assimilata come facente parte di una nuova identità. Il corpo, diventato estraneo,
  viene utilizzato come uno  spazio di sperimentazione, o in casi più estremi come un
  campo di battaglia, sul quale mettere in scena eventuali conflitti (disturbi alimentari,
  abuso di sostanze, gravidanze precoci, etc.)


- l’acquisizione di un’identità personale unica e definita, che permetta all’adolescente
  di percepirsi con una precisa definizione di sé stesso in termini di personalità, valori,
  credenze, preferenze e motivazioni. Uno dei passaggi essenziali per la risoluzione di
  questo processo è la (più o meno) sofferta acquisizione di autonomia rispetto alle figure
  genitoriali. Questo porta il ragazzo ad un difficile riconoscimento di sé stesso   
  nell’ambiente familiare e ad una necessaria ristrutturazione della propria immagine in
  questo contesto.


- il consolidamento di un’identità sessuale e di genere, ovvero la convinzione stabile
  di appartenere all’uno o all’altro sesso e di identificarvisi. Le trasformazioni del corpo e la
  maturazione degli organi genitali innescano il bisogno di intensificare i comportamenti
  che caratterizzano il genere sessuale nel quale l’adolescente si identifica. Parte di
  questo processo è il compito di integrare la nuova sessualità con l’affettività in un insieme
  armonioso.

 
- le relazioni con i coetanei e lo sviluppo di una identità sociale. All’interno dei
  raggruppamenti giovanili si costruisce gran parte dell’identità adolescenziale. Il rapporto
  con i coetanei ha il ruolo di rendere pensabile il travaglio della crescita attraverso la
  condivisione e il senso di appartenenza. Quando queste relazioni risultano compromesse
  si possono verificare difficoltà che necessitano di essere attentamente valutate.

 
- la formazione di sistemi motivazionali, valori e progettualità futura  tramite l’interiorizzazione di norme e valori stabili e coerenti con la propria identità, la mediazione fra bisogni interni ed esigenze sociali e lo sviluppo di aspirazioni ed una personale visione del mondo.

 
I sintomi adolescenziali hanno un carattere instabile e discontinuo. I genitori possono quindi dover affrontare momenti in cui sono travolti dalla forza con la quale si manifestano certi comportamenti e spaventati dalla loro violenza ed estraneità rispetto al carattere del figlio come lo avevano conosciuto fino ad allora. Questi momenti si alternano ad altri in cui sembra che torni la serenità, momenti durante i quali si può trovare anche lo spazio per pensare a “cosa possa essere successo e perché”.

Spesso in queste situazioni può nascere nella mente del genitore l’esigenza di avere qualcuno con cui confrontarsi e capire con quali strumenti, quando presumibilmente i problemi si ripresenteranno, potrebbe aiutare più efficacemente il figlio/a ad affrontare le difficoltà che provocano sofferenza e disequilibrio.



Anche se talora questi comportamenti possono assumere caratteristiche preoccupanti bisogna tener conto che in questo periodo della vita la personalità non ha ancora una strutturazione stabile, per cui queste manifestazioni possono risolversi spontaneamente nel corso dello sviluppo. Altre volte invece potremmo trovarci di fronte a forme iniziali di patologia o di difese che potranno successivamente assumere forme conclamate e giustificano l’allerta dei genitori. Mentre l’acquisizione di identificazioni più solide e armoniche può senz’altro favorire un’evoluzione positiva, il cristallizzarsi delle condotte problematiche potrebbe condurre all’organizzazione di personalità disadattive e allo sviluppo cronicizzato di  modalità di comportamento causa di disagi significativi nella vita adulta.

 Le manifestazioni del disagio degli adolescenti possono essere rilevati attraverso una serie di segnali di seguito elencati:
- difficoltà ad affermare la propria personalità, crisi di identità (chi sono?, non mi riconosco più?);
- conflittualità con i genitori (non riescono a capirmi, mi trattano come se fossi un bambino, invadono i miei spazi, non li sopporto più);
- disfunzioni nell’alimentazione come eccesso o rifiuto del cibo e spesso ripercussioni sul peso corporeo (non ho fame, il cibo mi ripugna, ho sempre fame, ci sono momenti in cui non riesco a smettere di mangiare, vomito quello che ho mangiato);
- difficoltà a riconoscere con chiarezza i propri obiettivi di vita (non so in che direzione andare, non so cosa voglio);
- problemi scolastici (non mi importa niente della scuola, non riesco a dimostrare che sono capace, non sono intelligente);
- sofferenze sentimentali (mi ha lasciato, nessuna/o mi vuole, chi potrebbe amarmi così come sono);
- isolamento rispetto al gruppo dei coetanei (non ho voglia di vedere nessuno, non me la sento di uscire di casa):
- disagio nelle relazioni con i coetanei (non riesco a parlare con gli altri, mi arrabbio con tutti, gli altri non mi considerano, nessuno mi ascolta, non riesco a farmi degli amici, non sto più bene con i miei amici);
- disagio rispetto al proprio corpo (non mi piaccio, mi sento grasso, sono troppo alto, sono cambiato e non mi piace come sono adesso);
- dubbi sulla propria identità sessuale (non so se mi piacciono le ragazze o i ragazzi, faccio pensieri su quelli del mio stesso sesso, ho il timore di essere gay, ho il timore di essere lesbica);
- angosce e paure (ho paura di stare da solo, in certe situazioni mi blocco, ho paura di quello che gli altri pensano di me, ho paura di non piacere e di come mi giudicano);
- ossessioni (ho dei pensieri che mi disturbano e che non riesco a controllare, mi lavo le mani in continuazione, accendo e spengo la luce senza motivo, etc..);
- autolesionismo manifestato attraverso pensieri o veri e propri comportamenti (ho pensato di suicidarmi, penso di farmi del male, ho provato ad uccidermi, mi taglio, non mangio, vomito apposta, faccio cose pericolose, mi faccio, bevo);
- somatizzazioni cioè malessere fisico per cui è stato verificata (per esempio dal medico di famiglia) l'assenza di una causa organica (mi viene spesso mal di testa, mi va a fuoco lo stomaco, ho la pelle sempre irritata);
- rabbia e aggressività (mi arrabbio con estrema facilità, perdo il controllo, odio tutti).

  
I genitori sono spesso spaventati ed impotenti di fronte alla sofferenza del figlio che non riescono ad aiutare. A seconda di come si presentano ed evolvono le difficoltà ed i conflitti, è necessario valutare se vi siano le indicazioni per giustificare delle preoccupazioni oppure se considerarle come un processo fisiologico.

In quest’ultimo caso l’adolescente necessità soprattutto di essere ascoltato, considerato ed accettato nella sua individualità.

Per i genitori la difficoltà maggiore consiste certamente nel cercare di mantenere la giusta distanza, una nuova modulazione fra la presenza emotiva di cui gli adolescenti hanno ancora bisogno ed un movimento verso il “farsi da parte”, per permetter loro di acquisire la necessaria autonomia ed identificazione. L’impegno e la fatica richiesti ai genitori in questo momento sono enormi, è perciò necessaria un’attenzione anche alle loro difficoltà e non solo a quelle del figlio.
Nel caso invece in cui la situazione sembri giustificare un livello di preoccupazione elevato, si può evidenziare la necessità di accedere ad una consulenza, o ad un percorso, che aiuti l’adolescente ad affrontare l’uscita dall’infanzia e l’ingresso nel mondo adulto con una maggiore conoscenza di sé e una maggiore sicurezza in se stesso.

Lo psicologo, in base alle peculiarità del caso, può ritenere utile  un lavoro  individuale con l’adolescente  o consigliare una serie di incontri cui partecipano solo i genitori, oppure coordinare i due interventi, al fine di aiutare il nucleo a trovare nuove e più funzionali modalità di relazione e comunicazione.

Bisogna poi dire che la terapia in adolescenza rappresenta un caso particolare di intervento psicologico, dove il paziente mostra livelli motivazionali fluttuanti e dove la particolare fase evolutiva gioca un ruolo spesso rilevante.

Il terapeuta si propone come fornitore di aiuto che non sempre vuole essere accettato o considerato come tale dall'adolescente, che spesso mette in atto un atteggiamento di natura oppositiva, con aspetti comportamentali più o meno espliciti. Anche nei casi in cui la sofferenza sfocia in uno o più sintomi, l'adolescente può mettere in atto atteggiamenti quali opporsi, negarsi, fingere tipici nella relazione con l'adulto. Nel caso in cui il ragazzo/a non si rende disponibile personalmente alla partecipazione ad un determinato percorso, bisogna allora valutare l’opportunità di lavorare soltanto con i genitori, supportandoli nella loro funzione genitoriale in questa difficile fase di vita della famiglia, che si svolge generalmente in un momento di cambiamento anche della fase di vita personale del genitore.

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